Il gruppo del Monte Secco, Monte pegherolo, Monte Cavallo di distingue per la spettacolare morfologia unica nel contesto dell’alta valle.
Il percorso può essere effettuato lungo l’itinerario che parte da Mezzoldo, giunge a Piazzatorre, si inerpica sino al Forcolino di Torcola (1856 m s.l.m.) ridiscende all’abitato di Valleve per poi risalire a San Simone da dove, scollinando l’omonimo valico, si giunge di nuovo al paese di partenza. Il massiccio del Pegherolo, come un’isola in mezzo a rocce metamorfiche, è costituito da una potente successione di rocce calcaree e calcareo-dolomitiche che, localmente, vedono la predominanza di intercalazioni francamente dolomiche. Si tratta di una successione del periodo triassico (piano del Ladinico di circa 230 milioni di anni fa), che testimonia la presenza di un mare esteso, poco profondo in cui si sviluppavano ampie piattaforme carbonatiche.
Queste erano limitate ai loro margini da bacini più profondi in cui si depositavano sedimenti particellari, sia di natura carbonatica che più francamente terrigena. Nella terminologia geologica questi rilievi del gruppo del Pegherolo vengono indicati con il termine formazionale di Calcare di Esino”, mentre le coeve formazioni di ambiente bacinale (eteropiche alla piattaforma carbonatica), prendono i nomi di Formazione di Bucheinstein e Formazione di Wengen. Il massiccio calcareo, che può trovare assimilazione attuale con le aree di sedimentazione carbonatica che si rinvengono in corrispondenza del Golfo del Messico, delle Bahamas ecc., risulta attualmente circondato (con il suo basamento” costituito da successioni carbonatiche del Trias inferiore di mare aperto, poggianti sui depositi clastici del Permiano) da rocce metamorfiche del Paleozoico, che costituiscono l’ossatura vera e propria del sistema montuoso orobico.
L’edificio alpino di questo tratto di catena orobica è stato sottoposto ad una lunga serie di sollecitazioni tettoniche che hanno visto dapprima svilupparsi l’orogenesi ercinica (terminata nel Permiano) e successivamente quella alpina di età eo-oligocenica. La prima oro.genesi ha interessato le rocce del basamento ed ha portato alla formazione di quella potente pila di depositi molassici che va sotto il nome di Verrucano. Si tratta di prodotti di smantellamento dei rilievi con la formazione di una successione conglomeratica e arenaceo-conglomeratica che, depostasi in ambiente continentale, di tipo desertico, ha assunto la caratteristica colorazione rossastra; queste rocce sono facilmente distinguibili nel paesaggio, anche in lontananza (vedi i rilievi del Monte Pietra Quadra, del Pizzo del Becco, del Monte Torcola, ecc.).
La successiva orogenesi alpina ha interessato anche le coperture sedimentarie di età triassica e posteriore, sia terrigene che carbonatiche, tra cui anche quelle del gruppo montuoso del Pegherolo. Sotto l’azione di questi sforzi, di rilevanti entità che hanno portato alla surrezione di imponenti rilievi, la crosta terrestre”, costituita da prevalenti successioni sedimentarie, ha risposto con la formazione di scollamenti tra le varie unità rocciose e con il trasporto di placche attraverso superfici di scorrimento.
Accanto agli elementi tettonici di significato regionale si sono sviluppate anche forme minori, sia pure talora di rilevante entità, quali faglie e fratture. Il risultato finale che si presenta oggi ai nostri occhi è quello di un articolato paesaggio che, nel corso delle ere geologiche, ha subito anche l’intenso lavorio superficiale, da parte degli agenti atmosferici. Le forme di erosione si sono sviluppate con particolare intensità e più evidente risposta, in corrispondenza delle zone dotate di minore resistenza (fasce cataclasate e milonitizzate) con la costituzione di valli incise ed articolate e forre che isolano cime rocciose, slanciate e con profili arditi.
La Valle di Pegherolo e l’Arco È la valle che dal versante ovest del Pegherolo, con andamento sud-ovest, si raccorda con quella del Brembo di Mezzoldo, poco a monte del bivio con Piazzatorre.
La Valle porta ancora i profondi segni dei dissesti dell’alluvione del 1987, quando piogge intense, di carattere del tutto eccezionale, mobilizzarono grandi quantità di detrito, convogliandole verso valle e sconvolgendo la morfologia della zona. Superata la contrada ai Prati di Pegherolo, il sentiero entra nella Valle e, percorrendola in destra orografica, intercetta dopo circa un’ora di cammino la minuscola Valle dell’Arco alla cui testata si trova questa curiosa forma nota appunto come Arco”. La forma che si è generata trae origine da un fenomeno di carsismo che nel tempo ha prodotto, all’interno del massiccio carbonatico una sorta di condotta sotterranea.
Le successive fasi erosive hanno messo a giorno e conservato un lembo di questa grotta della quale è scomparsa la parte del condotto ipogeo. Il carsismo Come premesso, il gruppo del Pegherolo è totalmente calcareo, per cui i fenomeni erosivi che prevalgono sono quelli legati al carsismo dovuto all’azione chimica che si sviluppa sulle rocce. Con il nome di calcare si individua una roccia formata prevalentemente da carbonato di calcio (formula chimica CaCO3).
Tale composto, quasi insolubile in acqua pura, diventa molto solubile in acqua acidulata, cioè acqua con elevato tenore di anidride carbonica. Il contatto fra l’acqua e il calcare determina la formazione di bicarbonato di calcio Ca(HCO3)2 solubile e asportabile dalle acque stesse. Il bicarbonato passa quindi in soluzione nell’acqua, lasciando un vuoto. A questa corrosione chimica si aggiunge la normale erosione fisica comune a tutte le altre rocce.