Acetosella
Aglio Orsino
Alchemilla
Alloro
Altea
Aparine
Arnica
Artemisia
Barba di becco
Bardana
Biancospino
Bistorta
Bocca di lupo
Borragine
Borsa del pastore
Bugola
Buon enrico
Calendula
Camomilla
Cardamine
Carlina
Convolvolo
Crescione
Crespino
Edera terrestre
Erba barbara
Erba cipollina
Erba di San Pietro
Erba imperatoria
Erba porcellana
Erigero
Farfara
Farfaraccio
Fragola di bosco
Genziana maggiore
Ginepro
Gramigna
Issopo
Lampone
Lattuga macchiata
Ortica
Papavero rosso
Rosa canina
Rovo
Salvia
Tarassaco
Viola mammola
Oxalis acetosella
In dialetto è conosciuta come “Üìna”
Piccola pianta erbacea perenne alta dagli 8 ai 15 cm. In prevalenza cresce nelle zone ombrose e umide come i boschi, ma anche pedemontane; gradisce un terreno fertile, morbido, ricco di humus; vegeta dal piano sino a 2000 metri. Le foglie sono trilobate mentre il fiore, unico sullo stelo, compare ad aprile-maggio con petali bianchi o rosati. La pianta contiene acido ascorbico, vitamina C, biossalato di potassio e mucillagine, quindi controindicata per chi soffre di disturbi gastrici, intestinali, epatici, gotta, calcoli renali e biliari. Il nome dell’Acetosella, chiamata anche Agretta, Pentecoste, Lambrusca o erba brusca, deriva dal sapore acidulo della pianta che ricorda l’aceto. Le foglie sono diuretiche, decongestionanti, depurative, stringenti, rinfrescanti, febbrifughe: si può fare un decotto con 20 gr. di foglie fresche in 1 lt. di acqua bevendone due tazze al giorno. Le foglie fresche, se masticate, disinfettano i denti e il cavo orale essendo anche un buon rimedio per gli ascessi; è utile sapere che la pianta essiccata perde molte delle sue proprietà.
In erboristeria l’Acetosella viene usata per preparare creme per pelli arrossate e infiammate. Un tempo veniva impiegata nella pulizia degli oggetti di rame, bronzo e cuoio e anche per smacchiare la biancheria da ruggine e inchiostro. In campo alimentare, dal medioevo sino ad oggi, viene usata per insaporire le insalate e le minestre. Dalle foglie si può ricavare una bevanda dissetante come una limonata mentre consumate crude calmano la sete. Le radici possono essere usate come gli asparagi mentre i tuberi, per essere consumati, devono rimanere esposti al sole per diversi giorni perché lo sgradevole sapore acido si trasformi in un sapore più gradevole.
Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi
con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato)