Acetosella
Aglio Orsino
Alchemilla
Alloro
Altea
Aparine
Arnica
Artemisia
Barba di becco
Bardana
Biancospino
Bistorta
Bocca di lupo
Borragine
Borsa del pastore
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Buon enrico
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Camomilla
Cardamine
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Crespino
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Erba cipollina
Erba di San Pietro
Erba imperatoria
Erba porcellana
Erigero
Farfara
Farfaraccio
Fragola di bosco
Genziana maggiore
Ginepro
Gramigna
Issopo
Lampone
Lattuga macchiata
Ortica
Papavero rosso
Rosa canina
Rovo
Salvia
Tarassaco
Viola mammola
Cynodon dactylon
in dialetto è conosciuta come Gramégna
È la pianta infestante più conosciuta al mondo. Della famiglia delle graminacee, presenta un esteso apparato radicale che può arrivare a 2 metri di profondità con rizoma (il rigonfiamento del fusto) piuttosto ramoso, lungamente strisciante e che è in grado di produrre dei germogli davvero acuminati dalla spiccata forma conica (è proprio per questo motivo che il genere in questione ha assunto questo nome, visto che la traduzione letterale dal greco significa “denti di cane”, dato che i germogli stessi presentano una somiglianza con la dentatura canina). Per quel che concerne i fusti, c’è da dire che essi sono ascendenti, ramosi alla base e dotati di un’altezza compresa tra i dieci e i trenta centimetri. Le foglie sono invece piane e lineari e marcatamente cigliate. Un ciuffo di peli sostituisce poi la consueta ligula, donando alla pianta quel suo caratteristico aspetto. Anche i fiori presentano delle peculiarità interessanti: la disposizione avviene lungo delle spighe terminali che possono essere in un numero compreso tra tre e sette, patenti e lineari. Ogni spighetta comprende un fiore ermafrodito inferiore e uno abortito superiore (ovviamente un fiore ermafrodita è quello che presenta sia parti maschili che femminili).
È Plinio il Vecchio, noto scrittore e naturalista dell’Antica Roma, a occuparsi per primo di alcune delle virtù della gramigna: la Naturalis Historia parla infatti in maniera approfondita dell’utilizzo di questa pianta per ottenere qualche sollievo e rimedio medico dai calcoli e da altre infezioni renali. Sono note le sue proprietà diuretiche e anche la sua utilità nei processi infiammatori delle vie urinarie. Sempre sotto il controllo medico, può essere impiegata nella cura dell’ipertensione e dei foruncoli. I contadini e gli agricoltori ne parlano come del peggior morbo esistente sul globo ma i rizomi della pianta sono anche ricchi di amido, di mucillagine e di diversi tipi di zuccheri, una caratteristica che permette di ricavarne degli apprezzati decotti diuretici, contro le infiammazioni di fegato, milza, per gotta e artrite, così come consigliava Plinio duemila anni fa. E’ molto ricercata anche dagli animali domestici che la mangiano per purgarsi. In cucina è utile come base per gelatine, pane, zucchero e birra casalinga: conosciuta anticamente per essere stata usata come ingrediente da unire alla farina per la panificazione, la gramigna fu impiegata anche nella preparazione della birra; le radici tostate venivano usate come surrogato del caffè. Le foglie tenere possono essere mangiate in insalata. I germogli, biancastri e teneri, vanno lessati e conditi con buon olio. Sono un piatto nutriente e gustoso, nonché curioso e insolito.
Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato).