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Barbarea vulgaris
in dialetto conosciuta come Èrba de Santa Bàrbora
La Barbarea vulgaris, è una pianta erbacea perenne glabra alta fino a 90 cm, appartenente alla famiglia delle Brassicaceae che emana un cattivo odore. Vegeta tipicamente in luoghi fangosi come le rive delle risaie, in prati incolti, lungo le sponde dei fossati fino a 1600 mt. Ha una radice a fittone, fusto striato, eretto e ramoso. Le foglie basali sono riunite in una rosetta, sono picciolate di forma pennatosetta. Le foglie distribuite sul fusto sono sessili, alterne. Quelle superiori hanno lobi laterali alla base della lamina fogliare leggermente dentate. I fiori sono ermafroditi di colore giallo e sono portati a grappolo. Il nome generico (Barbarea) è stato assegnato dal botanico scozzese Robert Brown (21 dicembre 1773 – 10 giugno 1858; autore di Prodromus Florae Novae Hollandie et Insule Van Diemen, dove descrive più di 4000 specie da lui scoperte) in una pubblicazione del 1812, probabilmente in onore di Santa Barbara. Questa Santa è la patrona di artiglieri, minatori e cavatori, cioè di quei lavoratori che risultano esposti ai pericoli di esplosioni. B. vulgaris era dedicata a questa santa perché le sue foglie venivano ampiamente usate nella cura delle ferite subite nel corso di tali attività.
Quasi per corrispondere a questo onore, la pianta è sempre di un verde splendente il giorno di Santa Barbara, cioè il 4 dicembre. Altre proprietà curative della pianta sono: antiscorbutiche, vulnerarie e diuretiche. Alcuni testi sconsigliano un uso prolungato delle foglie in quanto potrebbero essere dannose per i reni. In cucina le foglie basali, ricche di vitamina C, si consumano in insalata e i giovani gambi possono essere lessati, anche se il loro gusto è di un amaro sgradevole. In effetti non tutti gli animali si cibano di questa pianta (mentre i bovini la brucano regolarmente, i cavalli la rifiutano). I semi, schiacciati e messi a macerare nel vino bianco, costituiscono una bevanda diuretica. È una delle poche erbe che si può raccogliere e consumare a dicembre.
Repertòre di èrbe e piante bergamasche de mangià (tratto dal libro “Profumi e sapori di un tempo”, a cura di Cristian Bonaldi con la consulenza di Bonaldi Ruggero e Innocenti Maurizio – Corpo Forestale dello Stato).