Val Brembana
Sì agli impianti e in fretta altrimenti le valli bergamasche muoiono
Benedetta Ravizza - L'Eco di Bergamo - 28/10/2008)
Dagli albergatori ai pensionati il sostegno al comprensorio di sci «Un'occasione importante per rilanciare non solo il turismo. Alta Valle seriana Riposa la montagna colorata d'autunno. In questa stagione di mezzo gli impianti sono fermi, i rifugi vuoti. Le seconde case hanno le tapparelle abbassate, penzolano i cartelli «vendesi» vicino a nuovi cantieri. I negozi esibiscono un «chiuso» oppure i giorni di apertura a singhiozzo.

qui si tifa per il comprensorio
La vita è concentrata nei bar, tra una chiacchiera e l'altra, un bianchino e una briscola. La gioventù è partita all'alba per lavorare in città o nel Milanese. La speranza qui si chiama ancora inverno. La neve si aspetta come una manna. E si è sicuri che non mancherà. Il fumo inizia a salire dai comignoli. Fiocchi vogliono dire sci, vogliono dire gente che torna a muoversi, qualche soldo in più che gira, qualche montanaro in più che può darsi da fare vicino alla famiglia. Per questo dall'Alta Valle Seriana alla Valle di Scalve, attraversando Valbondione e Lizzola, poi su agli Spiazzi di Gromo, il saliscendi del Passo della Presolana, fino alle bomboniere di Colere e Vilminore, parli di comprensorio e l'occhio si illumina. Nuovi impianti? «In fretta, altrimenti i paesi muoiono», rispondono tutti. Albergatori ed esercenti, sì, ma anche insegnanti, mogli, madri e pensionati. Chi insomma di turismo non vive direttamente ma nelle piste investe qualcosa di più che euro: il futuro. E proprio in nome del domani agli ambientalisti si lancia un messaggio chiaro. «I verdi possono andare a quel paese. Noi ci teniamo ai nostri monti, rispettiamo da secoli il territorio in cui viviamo, e quindi sappiamo meglio di altri cosa c'è e cosa non c'è. Non vengano qui a comandare, o a dirci come dobbiamo-non dobbiamo fare. Gli impianti li vogliamo, e fatti bene. L'ambiente è nostro e lo rispettiamo più di loro. Se il comprensorio va bene a noi che viviamo in montagna, che problema c'è? Mica vado in pianura a dire che non devono costruire capannoni o autostrade», si scalda Aurelio Belingheri da Colere, con i compagni di carte che annuiscono con la testa.

«sbaglia chi critica»
Qui sono già abbastanza arrabbiati per la minaccia che incombe sulla Comunità montana (a rischio accorpamento con il riordino regionale). Proprio oggi è prevista la discussione in Consiglio regionale, al Pirellone. Non accettano che venga dettata legge anche sul turismo. Lo scialpinismo e i camminatori della domenica non pagano. «Non lasciano nemmeno cinque lire, e non entrano nemmeno al rifugio Albani per un caffè. Invece chi fa discesa o snowboard ha qualche possibilità in più e lascia qualcosa in valle, che non siano solo le scatolette vuote. Lo scriva». Si cambia posto, ma la solfa resta uguale. «Le polemiche degli ambientalisti lasciano il tempo che trovano, qui lo sci è ancora l'unica risorsa che c'è. Parlano di turismo alternativo, ma nessuno ci spiega cos'è», sorride Luigi Semperboni, offrendo un espresso nel suo bar in piazza a Valbondione. Alla faccia di chi critica l'ospitalità orobica. E il cliente Egidio Bonaccorsi è d'accordo: «Servono per rilanciare il turismo in valle». Anche per Mariella Terraneo, trentenne comasca, da cinque anni residente ai piedi del Coca e del Curò per amore, e impiegata per qualche turno all'ufficio turistico, «gli ambientalisti non possono capire, solo chi ci vive in questi luoghi può capire. Anche io finché non mi sono trasferita non ho compreso il bisogno di lavoro che c'è, tanti giovani sono costretti ad andar via».

«una speranza per le famiglie»
Le amiche Sara Rodari e Alessandra Bonazzi confermano: «La nostra economia si basa sugli impianti, impianti vogliono dire posti di lavoro. Se li togliamo, il paese muore, abbiamo finito di esserci, se ne vanno tutti. Anche per noi madri di famiglia rappresentano qualche ora di lavoro che possiamo fare. E poi per i nostri ragazzi gli sci sono l'unica alternativa, l'unico sport che possono fare d'inverno. Sfruttiamolo». Dall'altra parte del Passo della Presolana, a Vilminore, anche le insegnanti della scuola materna pensano alle nuove generazioni nel sostenere il progetto del comprensorio. «Per realtà lontane e disgregate come le nostre – affermano le colleghe Margherita Magri e Claudia Boni – il collegamento sciistico significa mettersi insieme ed essere più forti. Se siamo favorevoli al progetto, è perché abbiamo la percezione che ci sia attenzione al territorio e non la volontà di abusarne. Noi che viviamo tra queste montagne siamo i primi a volerle tutelare. Ma vogliamo anche lo sviluppo, e impianti significano più benessere per tutti, anche per chi non è direttamente coinvolto dalle attività legate al settore, più risorse da reinvestire sul territorio, anche per la formazione dei nostri ragazzi, che fin dalle elementari può essere indirizzata al turismo». Ugo Pedretti e Lino Pungitore stanno passeggiando a Vilminore. Guardano il sole che filtra dalle nuvole ormai basse. «La valle ha bisogno di una speranza. Certo, i lavori vanno fatti con criterio. Ma che ce ne sia bisogno è fuori discussione»



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